domenica 9 marzo 2014

Giovanni Esposito



C’ERA UNA VOLTA

L'AUTO ITALIANA


Da Leonardo da Vinci a Sergio Marchionne

martedì 20 novembre 2012

La grande bugia della riforma delle pensioni

Martedì, 20 novembre 2012 - 11:36:00
Di Giovanni Esposito

Dal 10 al 19 novembre sulle reti Rai è andato in programmazione la favola inventata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Inps per convincerci sulla bontà dalla recente riforma delle pensioni: "La previdenza non è una tassa ma un modo di risparmiare. Da giovani, quando si ha la salute per lavorare, non si può spendere tutto quello che si guadagna, ma se ne mette da parte una fetta per la vecchiaia, cioè il contributo previdenziale. Conviene essere un po' formiche, non cicale. Il tuo assegno sarà calcolato in base ai contributi versati e all'età di pensionamento, solo così il sistema è equo e stabile. Perché si deve andare in pensione con i propri risparmi".

In nostro governo in maniera colpevole, utilizza argomentazioni teoricamente condivisibili, per raccontare una grande bugia: si sostiene, infatti, che per garantire l'equilibrio e l'equità, l'ammontare delle pensioni sarà correlato ai propri contributi versati durante la vita lavorativa. Questo ragionamento potrebbe stare in piedi in un sistema a capitalizzazione, nel quale gli enti pensionistici pubblici accantonano i contributi dei singoli soggetti durante la vita lavorativa, per poi prelevarne i frutti al fine di erogare le pensioni agli stessi soggetti. Ma non è cosi: difatti, per far fronte al pagamento delle pensioni future, non è stata (e non viene) accumulata alcuna riserva.

Nel nostro Paese, il sistema pensionistico pubblico (Inps, Inpadap, ecc.) è strutturato secondo un criterio a ripartizione, nel quale i contributi versati da lavoratori ed aziende agli enti di previdenza, vengano utilizzati per pagare gli assegni di coloro che in quel momento sono in pensione. In altri termini, a dispetto dei sbandierati principi equitativi, con il sistema vigente ogni generazione non potrà percepire alcuna pensione commisurata ai propri contributi versati, ma era (è e sarà) condannata ad avere un assegno in linea ai contributi di quella che in quel momento lavora.

Risulta, peraltro, evidente che in un sistema così concepito, il flusso delle entrate (rappresentato dai contributi pagati da imprese e lavoratori) dovrebbe essere in equilibrio con l'ammontare delle uscite (le pensioni pagate). Equilibrio minato dal nostro attuale governo che, con le sue manovre recessive, ha affossato l'occupazione e, quindi, i contributi incamerati dagli enti previdenziali.  Se si attuassero vere politiche di crescita (parola sconosciuta al vocabolario del Presidente Monti), l'equilibrio del sistema sarebbe garantito dall'aumento dei lavorati attivi, che con i loro contributi potrebbero mantenere tutti gli uomini e le donne che, dopo un'intera vita lavorativa, hanno maturato il diritto etico di godersi una pensione dignitosa e stabile.
http://affaritaliani.libero.it/economia/pensioni_fornero_riforma20112012.html

lunedì 17 settembre 2012

Le 10 domande che il Governo non farà a Marchionne

Lunedì, 17 settembre 2012 - 09:48:00

Di Giovanni Esposito

Non è improbabile che il prossimo incontro, ammesso che accada, in programma fra il governo ed i vertici del Lingotto sul futuro dello stabilimenti italiani possa svolgersi sostanzialmente senza andare troppo per il sottile. Immagino che il Passera e Fornero chiederanno a Marchionne ed Elkan se intendano mantenere gli impegni precedentemente presi con "Fabbrica Italia" e loro risponderanno un si, ma compatibilmente allo scenario macro economico, al contesto delle relazioni sindacali ed all'andamento dei mercati di riferimento (insomma un "ni" tendente al "so"). Dopo di che, presumo ci sarebbe un comunicato congiunto che, per non preoccupare l'opinione pubblica (peccato che per questo sia già troppo tardi), potrebbe riassumere che il gruppo ha rassicurato l'esecutivo che procede tutto in linea con le previsioni.

Per scongiurare che ciò possa accadere, mi permetto di segnalare le 10 domande alle quali il dottor Sergio Marchionne dovrebbe rispondere.
1) Tasse. Fra i paesi nei quali Fiat opera, l'Italia è quello in cui il tax rate è di gran lunga superiore agli altri. Pur nel rispetto della normativa anti elusiva, le scelte, sia in merito ad operazioni infragruppo e sia industriali, sono mai state condizionate dalla circostanza che risulta "conveniente" conseguire utile in stati a fiscalità privilegiata rispetto all'Italia? Quale peso avrà la tassazione fiscale, nella scelta della sede del gruppo fra Detroit e Torino?  

2) Ammortizzatori sociali. È auspicabile che a breve in Italia venga varata una riforma degli ammortizzatori sociali, che renda più selezionato l'accesso alla CIG. Poiché Fiat ricorre in maniera massiccia a tale strumento, come intende gestire in futuro la forza lavoro perennemente in esubero negli stabilimenti italiani, a causa della forte calo delle vendite e perdita di quote di mercato?

3) Produzione low cost in Italia, premium nei paesi emergenti. A Pomigliano d'Arco fino al 2010 veniva assemblata un modello "premium", l'Alfa Romeo 159, il cui allestimento "base" aveva un prezzo di listino di 27 mila euro; la nuova Panda ora prodotta al Gianbattista Vico, parte dai 10 mila euro ed ha richiesto un investimento di circa 700 milioni di euro. Supponendo, ottimisticamente, che lo stabilimento produca 200 mila Panda l'anno, ad un prezzo netto di 12 mila euro cadauna, con un margine, al lordo degli ammortamenti, del 3%, il risultato sarebbe di circa 70 milioni d'euro. Ne consegue che su di un orizzonte temporale decennale, volendo ripagare anche il costo dell'investimento (70 milioni l'anno), Fabbrica Italiana Pomigliano spa difficilmente riuscirà a conseguire un solo euro di utile. In base a quale motivazioni, il gruppo da lei guidato, ha allocato la produzione dell'auto a minor valore aggiunto nello stabilimento a maggior costo di produzione?

4) L'Italia ha bisogno di Fiat e Fiat dell'Italia. Recentemente lei ha affermato che <<La decisione di riportare la produzione della nuova Panda in Italia non è stata presa solo sulla base di considerazioni razionali..., ma per via del legame storico e della relazione privilegiata di Fiat con l'Italia ...>>. Nel 2011, visto che solo il 3,65% degli europei (extra Italia) ha acquistato auto a marchi Fiat, è probabile che, altrettanto in maniera anch'essa poco razionale, il consumatore italiano abbia comprato per il 28,5% vetture Fiat. Eccetto i marchi di lusso, il Lingotto nell'ultimo anno ha prodotto in Italia 550 mila auto e ne ha vendute 514 mila. È corretto sostenere che solo Fiat investe in Italia, ma solo gli italiani comprano auto Fiat?

5) Sovracapacità produttiva. In merito al 20% di sovracapacità produttiva europea del settore automobilistico, lei giustamente sostiene che si debba trovare una soluzione strutturale. Il 30 aprile 2008 Fiat e governo serbo hanno creato una joint venture, la Fiat Automotive Serbia, per rilevare il settore auto del colosso Zastava. Ma già allora il sovra dimensionamento degli impianti Fiat era intorno al 50%. Tant'è che nell'anno seguente, Fiat auto cosi sfrutterà gli stabilimenti italiani:

Stabilimento    Capacità Tecnica (vetture anno) Utilizzo anno 2009
Cassino          400 mila                                        24%
Melfi               400 mila                                        65%
Mirafiori          250 mila                                        64%
Pomigliano d'Arco 280 mila                                 14%
Termini Imerese 140 mila                                    36%

Fiat auto ha chiuso uno stabilimento (Termini Imerese) dalla capacità produttiva di 140 mila vetture, per riattivarne uno (Kragujevac era praticante distrutto) da 200 mila vetture.
Non pensa che Fiat, avendone creato 60 mila aggiuntiva, è il primo responsabile dell'attuale sovracapacità produttiva dell'industria dell'auto europea?

6) Stabilimenti mono-prodotto. Ogni modello di auto segue un proprio ciclo di vita, rappresentato dalle seguenti fasi: progettazione, industrializzazione, inizio produzione, lancio, sviluppo, maturità, declino, restyling  o ritiro. Gli stabilimenti di Melfi e Pomigliano d'Arco, casi più unici che rari nell'industria automobilistica, attualmente sono mono prodotto. Pur ammettendo che la Fiat Punto e Panda risultino modelli di successo, in ogni caso vi sarebbero ciclicamente periodi di minore impiego dei relativi impianti. Quale strategia ritenete attuare per utilizzare in maniera ottimale gli stabilimenti nelle fasi di ridotta produzione o domanda di questi due modelli?

7) Piano B. Nel giugno del 2010, a proposito della produzione della Panda a Pomigliano d'Arco, lei, invocando il "Piano B", minacciava che << … possiamo partire con la produzione nel 2011 della Panda, se no l'andiamo a fare altrove ...>>. Qual è il piano B per il futuro dello stabilimento, se la Panda non dovesse riscuotere, come sembra, un successo commerciale tale da riassorbire tutta la forza lavoro preesistente?   

8) Alfa Romeo. Nel 1986, quando venne ceduta alla Fiat, l'Alfa Romeo, targata carrozzone di Stato-Iri, produceva la misera cifra di 168 mila vetture l'anno, rispetto alle 353 mila di Audi e 432 mila di Bmw (dirette concorrenti). Nel 2003, pre Marchionne, la situazione era: Alfa Romeo 182 mila, Audi 760 mila, Bmw 944 mila. Dopo 8 anni della sua gestione: Alfa Romeo 126 mila, Audi 1,3 milioni e Bmw 1,380 milioni. In 25 anni, mentre l'Alfa Romeo perdeva il 25% dei clienti, la concorrenza cresceva del 270% e 220%. Come risponde alla accuse di inadeguatezza manageriale ed insufficienza finanziaria della Fiat nella valorizzazione del marchio? In passato sono circolate indiscrezioni sulla volontà del gruppo Volkswagen di acquisire l'Alfa Romeo. Se si creassero le condizioni per cedere anche uno stabilimento italiano, sarebbe disposto a discuterne con i tedeschi e le parti sociali italiane?

9) Futuro di Cassino. La sottoutilizzazione produttiva della fabbrica situata nel comune di Piedimonte San Germano, che produce vetture del segmento C, è riconducibile alla modesta presenza del gruppo Fiat-Chrysler in quella che è la fascia più importante in Europa. Nel 2011 le vendite sono state pari a 484 mila per la Volkswagen Golf, 287 mila per la Opel Astra e 280 mila per la Ford Focus. Le tre vetture (Bravo, Delta e Giulietta) assemblate da Fiat a Cassino, non sembrano in grado di raggiungere, assieme, le 150 mila unità. Quali iniziative e programmi ha il gruppo per utilizzare in maniera ottimale l'impianto e la relativa forza lavoro pari a circa 4.000 unità?

10) Meno parole, più auto. Nell'ultimo periodo dispiace registrare un aumento delle sue nefaste esternazioni pubbliche, accompagnate da innumerevoli polemiche (vedi ipotesi di ritiro da due stabilimenti italiani). Al contempo non si può far a meno di rilevare che sotto la sua gestione, sia i brand e sia i singoli modelli,  pedissequamente non abbiano centrato gli obiettivi di vendita precedentemente annunciati; tant'è che nel 2011 per la prima volta, nella classifica delle immatricolazioni europee, fra le prime 10 vetture, non compare nessun'auto italiana. Quali sono stati i motivi ed a chi vanno imputate le responsabilità di tale declino commerciale? Non sarebbe auspicabile che Lei ridimensionasse le dichiarazioni pubbliche in favore di un maggior impegno per incrementare le vendite di auto?   http://affaritaliani.libero.it/economia/le-10-domande-che-il-governo-non-far-a-marchionne.html

martedì 19 giugno 2012

La nuova detrazioni per ristrutturazione non convince

L'intervento sulle ristrutturazioni edilizie è la maggiore, se non unica degna di nota, misura del decreto sviluppo. Per il resto … nulla.
Pur rappresentando, in linea di principio, un buon intervento per il rilancio dell'edilizia, presenta varie criticità e le aspettative di “domanda” aggiuntiva potrebbero essere di gran lunga inferiori a quelle governative, per i seguenti motivi:
ñ                                   L'innalzamento da 48 a 96 mila euro, fa si che gli unici reali beneficiari saranno le ristrutturazioni medio-alte (per quanta povera gente non erano sufficienti 48 mila euro per ristrutturare casa?). Di conseguenza perché non si è immaginato di rendere regressiva la detrazione al fine di agevolare le ristrutturazioni di necessità a danno di quelle di lusso (es. detrazione decrescente all’aumentare dei lavori?).
ñ                                   Come tutte le misure di sostegno alla domanda a carattere provvisorio, ha un effetto anticipativo e non aggiuntivo: infatti lo studio degli incentivi al settore automobilistico ha ampliamento dimostrato che, tali misure, di sostegno non fanno altro che anticipare nel periodo di agevolazione la spesa di chi l'avrebbe effettuata in un periodo di successivo; con la conseguenza che al termini del sostegno la domanda crolla. La misura prevede a tutto il 30 giugno l'innalzamento della detrazione dal 36% al 50% per i lavori fino a 96 mila euro (prima era 48 mila euro) al fine di incentivare i lavori di importo superiore. Proprio per questo è evidente che non genererà nulla di aggiuntivo. Se un contribuente, che fino ad al 15 giugno non l'aveva in programma, pianificasse il 18 giugno 2012 (quindi in un solo giorno) di fare dei lavori di ristrutturazione di 60 mila euro, per non parlare di 100 mila, entro il 30 giugno 2013 difficilmente potrebbe riuscire a progettare, cantierare, eseguire e pagare l'opera.
ñ                                   Inoltre il sistema è congegnato in maniera tale che i soldi vadano anticipati: es. è vero che su 10 mila euro di valore della ristrutturazione se ne recuperano 5 mila a titolo di detrazione, ma i 10 mila euro vanno anticipati subito, mentre i 5 mila euro saranno recuperati in dieci rate posticipate annuali di euro 500. Come faranno ad aumentare i lavori se chi non aveva 10 mila euro prima della decreto, non li avrà neanche dopo?

Gli effetti sul gettito non hanno alcuna attendibilità per i seguenti motivi:
ñ                                               La relazione tecnica stima che, senza alcun intervento, di sostengo, le spese per ristrutturazione edilizia sarebbero pari a 6.425 milioni di euro annui per il biennio 2012-2013. Poiché 6.425 milioni è stato proprio l'importo dichiarato per le spese di ristrutturazione nell'anno 2009, tale previsione di partenza è illogica, nonché improbabile. Se il governo pensa che il settore non subirà contraccolpi dalla crisi, perché vara misure per sostenerlo? Se, invece, ritiene di dover aiutare il settore dell'edilizia, come fa a stimare spese in linea al 2009? Perché il governo non tiene conto delle  statistiche dell'Istat, che ha rilevato su marzo 2012 un calo del 9,2% dell'indice di produzione costruzioni?
ñ                                               Il governo stima, inoltre, in via prudenziale, che l’innalzamento a 96.000 euro del limite massimo di detrazione per ciascuna unità immobiliare, determini un incremento del 25% delle spese di ristrutturazione edilizia. Chi si era abituato, non io, alla prassi che i governi italiani, per la stime di gettito, non ricorrano a criteri scientifici, bensì empirici, si dovrà ricredere. Questo fatidico 25% di aumento è inventato: invero nelle 188 pagine del documento governativo non vi è alcuna traccia degli elementi di tale previsione.  
ñ                                               In maniera alquanto bizzarra nel presumere tale incremento se ne deduce un automatico incameramento di imposte dirette ed iva dalle imprese esecutrici dei lavori. Bizzarra perché, in maniera alquanto improbabile, si da per scontato che le ristrutturazioni superiori a 48 mila euro non si effettuassero in assenza di regime di agevolazione. Quindi si avrà una perdita di gettito Irpef per le detrazioni del proprietario, ma non si registrerà nessuna aumento di versamento da parte delle imprese costruttrici, perché i lavori si sarebbero fatti in ogni caso.

martedì 5 giugno 2012

Termini Imerese è morta e non c’è più nulla da fare

Martedì, 5 giugno 2012 - 13:16:00
Di Giovanni Esposito
Nel marzo del 2007 Sergio Marchionne chiese udienza all’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi per illustrare un piano da 230 mila unità annue per Termini Imerese, rispetto alle 100 mila dell’epoca. L’Ad del Lingotto rappresentò la necessità che il governo si facesse carico delle infrastrutture per avvicinare Termini Imerese all'indotto, soprattutto per la parte dei lamierati, prodotti a Melfi. La cifra necessaria, secondo le stime, oscillava tra 800 milioni e un miliardo di euro, che potevano essere attinti dai fondi Ue.
Il governo Nazionale (guidato poi da Berlusconi) e le autorità locali tergiverseranno per 2 lunghi anni. Si racconta che a Marchionne, in occasione dell’ennesimo incontro a Roma, gli vengano fatte fare tre ore di anticamera a Palazzo Chigi, per poi sentirsi rispondere “vedremo, valuteremo, le faremo sapere”, come si fa con il portaborse che chiede un posto per l’amante.
Marchionne cercherà di farlo capire i tutti i modi: senza soldi pubblici si chiude. La questione sarebbe di competenza del dicastero del (Sotto)Sviluppo Economico i cui tre  ministri dell’epoca sono stati: Paolo Romani (diplomato al liceo classico e con la carriera segnata dalla sfortunata vicenda dell’emittente locale Lombardia7, da lui fondata, è fallita nel 1999) nessuno (per circa sei mesi l’incarico è stato ad interim) e Claudio Scajola (iscrittosi a giurisprudenza quando Valletta lasciò il comando della Fiat, riuscirà a laurearsi a 52 anni con Paolo Fresco alla guida del gruppo).
Nel frattempo l’uomo con il maglioncino va a negoziare a Belgrado, dove viene ricevuto come un capo di Stato. Nel giro di qualche giorno per rilevare l’impianto di Kragujevac, gli viene concessa l’esenzione fiscale fino al 2018, un contributo di 10 mila euro per ogni operaio assunto, aiuti in campo previdenziale, corsi di aggiornamento e di formazione, realizzazione di una serie di opere collegate all'investimento e stipendio da riconoscere, ad ognuno dei 2.400 assunti, 300 euro al mese. Il distino di Termini Imerese è segnato, ma in Italia per 3 anni non se ne accorge quasi nessuno.
Venendo ai, sciagurati, giorni nostri, dopo aver sputato in faccia alla Fiat di Marchionne (che come noto non è il mio modello di manager), ci si aggrappa alla favola della Dr.
Perché, solo come dei bambini che credono alle favole, si può dare credito industriale a quest’iniziativa. E la mai non è una valutazione sul tale De Risio, che io non conosco.
Il punto è un altro: la Fiat, con qualche milioni di vetture, si appresta a diventare un operatore marginale in Europa, Corrado Passera, come i suoi predecessori, ci vuole far credere che un importatore di 2 mila Chery (di produzione cinese) l’anno, sia in grado di progettare, industrializzare e vedere 60 mila auto l’anno.
Termini Imerese è già morta, ma la favola ci costerà un altro miliardo di euro.
http://affaritaliani.libero.it/economia/termini050612.html?refresh_ce

lunedì 7 maggio 2012

Il Sole 24 Ore/ La surreale assemblea degli azionisti di via Monterosa,

Lunedì, 7 maggio 2012 - 13:51:00
Poco meno di 36 milioni di euro rappresentano, per il Sole 24 Ore spa, lo spartiacque fra il certo e l'incerto: difatti, in termini tendenziali, la posizione finanziaria della società potrebbe divenire negativa entro il primo trimestre del 2013 ed a questo punto, teoricamente, si aprirebbe lo spettro dell'insolvenza.
Ma torniamo a qualche settimana indietro e precisamente al 23 aprile 2012 quando, nel dirigermi all'assemblea degli azionisti del Gruppo Sole 24 ore, ho richiamato alla mia memoria attori e parti della tragedia: Luca Cordero di Montezemolo (il fautore della quotazione), Giancarlo Cerutti (deus ex machina degli ultimi 5 anni), Claudio Calabi (l'Ad della campagna acquisizioni), Gianni Riotta (causalmente trasmigrato all'università Confindustria/Luiss), Donatella Treu (sotto la sua gestione sono andati in fumo 63 milioni di euro) ed Emma Marcegaglia (la presidente che, in maniera quantomeno infelice, ha scelto gli ultimi due).
Afflitto da questi pensieri, sono arrivato già di cattivo umore in via Monterosa. Purtroppo l'evento assembleare è stato teatro di eventi talmente surreali che, come cantava Bruce Springsteen, mi hanno mandato "I'm Going Down": l'amministratore delegato impronta il suo intervento sull'ottimismo (beata lei!); il presidente del Cda afferma che il futuro dell'editoria è il digitale, ma la sua azienda familiare produce macchine e attrezzature per la carta stampata; il rappresentante dell'azionista di rifermento si assenta mentre intervengono i risparmiatori; quasi tutti i membri del Cda disertano l'assemblea; dopo 4 minuti di intervento, vengo interrotto per non impedire agli altri di parlare, ma in assemblea ci sono 4 gatti; gli altri azionisti, a digiuno di dividendi, divorano il buffet e mi lasciano a digiuno. Sempre in tale occasione, sfogliando le relazione di accompagnamento al bilancio 2011, la mia attenzione viene richiamata da una frase della prevedibile evoluzione della gestione che recita "...per il 2012 un margine operativo in sensibile incremento..." Il 3 maggio 2012 sono stati diffusi i dati del primo trimestre 2012 che mostrano ricavi in diminuzione, perdita in aumento e cash flow negativo.
Spettro del default solo teorico? Lo spero. Alcuni presagi, però, non lasciano sperare nulla di buono: compensi globali degli organi sociali di gruppo pari a 3,3 milioni  di euro, smobilizzo di tutte le attività finanziarie e nella relazione al 31 marzo 2012 del sensibile miglioramento del margine operativo lordo … “sensibile” è scomparso
http://affaritaliani.libero.it/mediatech/il-sole-24-ore070512.html

mercoledì 18 aprile 2012

Debito, è ora di privatizzare paghiamo un Monti d'interesse

Mercoledì, 18 aprile 2012 - 14:51:00
Di  Giovanni Esposito
La dieta del governo Monti? Spero non si riveli indigesta. La cosa spiacevole delle previsioni, a differenza degli auspici, è che, aimè, anticipano, sovente, accadimenti non graditi: invero temo, proprio, che si stiano creando tutto le condizioni affinché si realizzi quello che scrissi in tempi non sospetti (http://affaritaliani.libero.it/economia/governo-monti160112.html) sull'esecutivo Monti.
A tanti mesi di istanza non voglio sbilanciarmi su dove saremmo andati a finire se Berlusconi non fosse caduto, perché con i se e con i ma non si fa la storia. Diversamente mi sento in grado di prevedere, con ragionevole approssimazione, verso cosa ci sta portando la politica del governo Monti: stagflazione, ossia una fase caratterizzata da un aumento dei prezzi e mancanza di crescita dell'economia in termini reali.
A questo punto non vorrei sembrare polemico ed irrispettoso, però c'è qualche cosa che non quadra. L'attuale compagine governativa, nella quale abbondano cattedre, titoli ed onorificenze, dovrebbe essere fra le più colte e preparate della storia repubblicana; eppure, dopo aver passato un'intera vita a studiare i problemi e le conseguenti soluzioni per la malandata Italia e per farsi conoscere dalla comunità internazionale, pare abbiano bisogno ancora di tempo per partorire qualcosa di sopraffino e per farsi accreditarsi. Ma allora cosa hanno fatto fino a ieri?
Perché risulta cosi difficile comprendere che, con una spesa per interessi sul debito pubblico viaggiante verso i 100 miliardi di euro l'anno (oltre 1/8 del totale), non vi può essere manovra correttiva che tenga, senza intervenire sullo stock di debito? È mai possibile che si ritiene sostenibile, nel breve termine, l'idea di drenare ulteriormente ricchezza dal lavoro, impresa e consumi per pagare gli interessi sul debito pubblico?
Il ministro Fornero qualche settimana fa ci ha ricordato, eufemisticamente, che se ci fossero state caramelle da distribuire, non avrebbero (avrebbero chi?) chiamato loro. Da uomo estraneo ai massimi sistemi, nel risultarmi difficile comprendere cosa stiano cucinando, mi basterebbe sapere che gli ingredienti siano commestibili.
http://affaritaliani.libero.it/economia/debito__manovra_crescita_pil_monti18042012.html?refresh_ce