martedì 20 novembre 2012

La grande bugia della riforma delle pensioni

Martedì, 20 novembre 2012 - 11:36:00
Di Giovanni Esposito

Dal 10 al 19 novembre sulle reti Rai è andato in programmazione la favola inventata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Inps per convincerci sulla bontà dalla recente riforma delle pensioni: "La previdenza non è una tassa ma un modo di risparmiare. Da giovani, quando si ha la salute per lavorare, non si può spendere tutto quello che si guadagna, ma se ne mette da parte una fetta per la vecchiaia, cioè il contributo previdenziale. Conviene essere un po' formiche, non cicale. Il tuo assegno sarà calcolato in base ai contributi versati e all'età di pensionamento, solo così il sistema è equo e stabile. Perché si deve andare in pensione con i propri risparmi".

In nostro governo in maniera colpevole, utilizza argomentazioni teoricamente condivisibili, per raccontare una grande bugia: si sostiene, infatti, che per garantire l'equilibrio e l'equità, l'ammontare delle pensioni sarà correlato ai propri contributi versati durante la vita lavorativa. Questo ragionamento potrebbe stare in piedi in un sistema a capitalizzazione, nel quale gli enti pensionistici pubblici accantonano i contributi dei singoli soggetti durante la vita lavorativa, per poi prelevarne i frutti al fine di erogare le pensioni agli stessi soggetti. Ma non è cosi: difatti, per far fronte al pagamento delle pensioni future, non è stata (e non viene) accumulata alcuna riserva.

Nel nostro Paese, il sistema pensionistico pubblico (Inps, Inpadap, ecc.) è strutturato secondo un criterio a ripartizione, nel quale i contributi versati da lavoratori ed aziende agli enti di previdenza, vengano utilizzati per pagare gli assegni di coloro che in quel momento sono in pensione. In altri termini, a dispetto dei sbandierati principi equitativi, con il sistema vigente ogni generazione non potrà percepire alcuna pensione commisurata ai propri contributi versati, ma era (è e sarà) condannata ad avere un assegno in linea ai contributi di quella che in quel momento lavora.

Risulta, peraltro, evidente che in un sistema così concepito, il flusso delle entrate (rappresentato dai contributi pagati da imprese e lavoratori) dovrebbe essere in equilibrio con l'ammontare delle uscite (le pensioni pagate). Equilibrio minato dal nostro attuale governo che, con le sue manovre recessive, ha affossato l'occupazione e, quindi, i contributi incamerati dagli enti previdenziali.  Se si attuassero vere politiche di crescita (parola sconosciuta al vocabolario del Presidente Monti), l'equilibrio del sistema sarebbe garantito dall'aumento dei lavorati attivi, che con i loro contributi potrebbero mantenere tutti gli uomini e le donne che, dopo un'intera vita lavorativa, hanno maturato il diritto etico di godersi una pensione dignitosa e stabile.
http://affaritaliani.libero.it/economia/pensioni_fornero_riforma20112012.html