martedì 19 giugno 2012

La nuova detrazioni per ristrutturazione non convince

L'intervento sulle ristrutturazioni edilizie è la maggiore, se non unica degna di nota, misura del decreto sviluppo. Per il resto … nulla.
Pur rappresentando, in linea di principio, un buon intervento per il rilancio dell'edilizia, presenta varie criticità e le aspettative di “domanda” aggiuntiva potrebbero essere di gran lunga inferiori a quelle governative, per i seguenti motivi:
ñ                                   L'innalzamento da 48 a 96 mila euro, fa si che gli unici reali beneficiari saranno le ristrutturazioni medio-alte (per quanta povera gente non erano sufficienti 48 mila euro per ristrutturare casa?). Di conseguenza perché non si è immaginato di rendere regressiva la detrazione al fine di agevolare le ristrutturazioni di necessità a danno di quelle di lusso (es. detrazione decrescente all’aumentare dei lavori?).
ñ                                   Come tutte le misure di sostegno alla domanda a carattere provvisorio, ha un effetto anticipativo e non aggiuntivo: infatti lo studio degli incentivi al settore automobilistico ha ampliamento dimostrato che, tali misure, di sostegno non fanno altro che anticipare nel periodo di agevolazione la spesa di chi l'avrebbe effettuata in un periodo di successivo; con la conseguenza che al termini del sostegno la domanda crolla. La misura prevede a tutto il 30 giugno l'innalzamento della detrazione dal 36% al 50% per i lavori fino a 96 mila euro (prima era 48 mila euro) al fine di incentivare i lavori di importo superiore. Proprio per questo è evidente che non genererà nulla di aggiuntivo. Se un contribuente, che fino ad al 15 giugno non l'aveva in programma, pianificasse il 18 giugno 2012 (quindi in un solo giorno) di fare dei lavori di ristrutturazione di 60 mila euro, per non parlare di 100 mila, entro il 30 giugno 2013 difficilmente potrebbe riuscire a progettare, cantierare, eseguire e pagare l'opera.
ñ                                   Inoltre il sistema è congegnato in maniera tale che i soldi vadano anticipati: es. è vero che su 10 mila euro di valore della ristrutturazione se ne recuperano 5 mila a titolo di detrazione, ma i 10 mila euro vanno anticipati subito, mentre i 5 mila euro saranno recuperati in dieci rate posticipate annuali di euro 500. Come faranno ad aumentare i lavori se chi non aveva 10 mila euro prima della decreto, non li avrà neanche dopo?

Gli effetti sul gettito non hanno alcuna attendibilità per i seguenti motivi:
ñ                                               La relazione tecnica stima che, senza alcun intervento, di sostengo, le spese per ristrutturazione edilizia sarebbero pari a 6.425 milioni di euro annui per il biennio 2012-2013. Poiché 6.425 milioni è stato proprio l'importo dichiarato per le spese di ristrutturazione nell'anno 2009, tale previsione di partenza è illogica, nonché improbabile. Se il governo pensa che il settore non subirà contraccolpi dalla crisi, perché vara misure per sostenerlo? Se, invece, ritiene di dover aiutare il settore dell'edilizia, come fa a stimare spese in linea al 2009? Perché il governo non tiene conto delle  statistiche dell'Istat, che ha rilevato su marzo 2012 un calo del 9,2% dell'indice di produzione costruzioni?
ñ                                               Il governo stima, inoltre, in via prudenziale, che l’innalzamento a 96.000 euro del limite massimo di detrazione per ciascuna unità immobiliare, determini un incremento del 25% delle spese di ristrutturazione edilizia. Chi si era abituato, non io, alla prassi che i governi italiani, per la stime di gettito, non ricorrano a criteri scientifici, bensì empirici, si dovrà ricredere. Questo fatidico 25% di aumento è inventato: invero nelle 188 pagine del documento governativo non vi è alcuna traccia degli elementi di tale previsione.  
ñ                                               In maniera alquanto bizzarra nel presumere tale incremento se ne deduce un automatico incameramento di imposte dirette ed iva dalle imprese esecutrici dei lavori. Bizzarra perché, in maniera alquanto improbabile, si da per scontato che le ristrutturazioni superiori a 48 mila euro non si effettuassero in assenza di regime di agevolazione. Quindi si avrà una perdita di gettito Irpef per le detrazioni del proprietario, ma non si registrerà nessuna aumento di versamento da parte delle imprese costruttrici, perché i lavori si sarebbero fatti in ogni caso.

martedì 5 giugno 2012

Termini Imerese è morta e non c’è più nulla da fare

Martedì, 5 giugno 2012 - 13:16:00
Di Giovanni Esposito
Nel marzo del 2007 Sergio Marchionne chiese udienza all’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi per illustrare un piano da 230 mila unità annue per Termini Imerese, rispetto alle 100 mila dell’epoca. L’Ad del Lingotto rappresentò la necessità che il governo si facesse carico delle infrastrutture per avvicinare Termini Imerese all'indotto, soprattutto per la parte dei lamierati, prodotti a Melfi. La cifra necessaria, secondo le stime, oscillava tra 800 milioni e un miliardo di euro, che potevano essere attinti dai fondi Ue.
Il governo Nazionale (guidato poi da Berlusconi) e le autorità locali tergiverseranno per 2 lunghi anni. Si racconta che a Marchionne, in occasione dell’ennesimo incontro a Roma, gli vengano fatte fare tre ore di anticamera a Palazzo Chigi, per poi sentirsi rispondere “vedremo, valuteremo, le faremo sapere”, come si fa con il portaborse che chiede un posto per l’amante.
Marchionne cercherà di farlo capire i tutti i modi: senza soldi pubblici si chiude. La questione sarebbe di competenza del dicastero del (Sotto)Sviluppo Economico i cui tre  ministri dell’epoca sono stati: Paolo Romani (diplomato al liceo classico e con la carriera segnata dalla sfortunata vicenda dell’emittente locale Lombardia7, da lui fondata, è fallita nel 1999) nessuno (per circa sei mesi l’incarico è stato ad interim) e Claudio Scajola (iscrittosi a giurisprudenza quando Valletta lasciò il comando della Fiat, riuscirà a laurearsi a 52 anni con Paolo Fresco alla guida del gruppo).
Nel frattempo l’uomo con il maglioncino va a negoziare a Belgrado, dove viene ricevuto come un capo di Stato. Nel giro di qualche giorno per rilevare l’impianto di Kragujevac, gli viene concessa l’esenzione fiscale fino al 2018, un contributo di 10 mila euro per ogni operaio assunto, aiuti in campo previdenziale, corsi di aggiornamento e di formazione, realizzazione di una serie di opere collegate all'investimento e stipendio da riconoscere, ad ognuno dei 2.400 assunti, 300 euro al mese. Il distino di Termini Imerese è segnato, ma in Italia per 3 anni non se ne accorge quasi nessuno.
Venendo ai, sciagurati, giorni nostri, dopo aver sputato in faccia alla Fiat di Marchionne (che come noto non è il mio modello di manager), ci si aggrappa alla favola della Dr.
Perché, solo come dei bambini che credono alle favole, si può dare credito industriale a quest’iniziativa. E la mai non è una valutazione sul tale De Risio, che io non conosco.
Il punto è un altro: la Fiat, con qualche milioni di vetture, si appresta a diventare un operatore marginale in Europa, Corrado Passera, come i suoi predecessori, ci vuole far credere che un importatore di 2 mila Chery (di produzione cinese) l’anno, sia in grado di progettare, industrializzare e vedere 60 mila auto l’anno.
Termini Imerese è già morta, ma la favola ci costerà un altro miliardo di euro.
http://affaritaliani.libero.it/economia/termini050612.html?refresh_ce