martedì 5 giugno 2012

Termini Imerese è morta e non c’è più nulla da fare

Martedì, 5 giugno 2012 - 13:16:00
Di Giovanni Esposito
Nel marzo del 2007 Sergio Marchionne chiese udienza all’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi per illustrare un piano da 230 mila unità annue per Termini Imerese, rispetto alle 100 mila dell’epoca. L’Ad del Lingotto rappresentò la necessità che il governo si facesse carico delle infrastrutture per avvicinare Termini Imerese all'indotto, soprattutto per la parte dei lamierati, prodotti a Melfi. La cifra necessaria, secondo le stime, oscillava tra 800 milioni e un miliardo di euro, che potevano essere attinti dai fondi Ue.
Il governo Nazionale (guidato poi da Berlusconi) e le autorità locali tergiverseranno per 2 lunghi anni. Si racconta che a Marchionne, in occasione dell’ennesimo incontro a Roma, gli vengano fatte fare tre ore di anticamera a Palazzo Chigi, per poi sentirsi rispondere “vedremo, valuteremo, le faremo sapere”, come si fa con il portaborse che chiede un posto per l’amante.
Marchionne cercherà di farlo capire i tutti i modi: senza soldi pubblici si chiude. La questione sarebbe di competenza del dicastero del (Sotto)Sviluppo Economico i cui tre  ministri dell’epoca sono stati: Paolo Romani (diplomato al liceo classico e con la carriera segnata dalla sfortunata vicenda dell’emittente locale Lombardia7, da lui fondata, è fallita nel 1999) nessuno (per circa sei mesi l’incarico è stato ad interim) e Claudio Scajola (iscrittosi a giurisprudenza quando Valletta lasciò il comando della Fiat, riuscirà a laurearsi a 52 anni con Paolo Fresco alla guida del gruppo).
Nel frattempo l’uomo con il maglioncino va a negoziare a Belgrado, dove viene ricevuto come un capo di Stato. Nel giro di qualche giorno per rilevare l’impianto di Kragujevac, gli viene concessa l’esenzione fiscale fino al 2018, un contributo di 10 mila euro per ogni operaio assunto, aiuti in campo previdenziale, corsi di aggiornamento e di formazione, realizzazione di una serie di opere collegate all'investimento e stipendio da riconoscere, ad ognuno dei 2.400 assunti, 300 euro al mese. Il distino di Termini Imerese è segnato, ma in Italia per 3 anni non se ne accorge quasi nessuno.
Venendo ai, sciagurati, giorni nostri, dopo aver sputato in faccia alla Fiat di Marchionne (che come noto non è il mio modello di manager), ci si aggrappa alla favola della Dr.
Perché, solo come dei bambini che credono alle favole, si può dare credito industriale a quest’iniziativa. E la mai non è una valutazione sul tale De Risio, che io non conosco.
Il punto è un altro: la Fiat, con qualche milioni di vetture, si appresta a diventare un operatore marginale in Europa, Corrado Passera, come i suoi predecessori, ci vuole far credere che un importatore di 2 mila Chery (di produzione cinese) l’anno, sia in grado di progettare, industrializzare e vedere 60 mila auto l’anno.
Termini Imerese è già morta, ma la favola ci costerà un altro miliardo di euro.
http://affaritaliani.libero.it/economia/termini050612.html?refresh_ce

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