giovedì 1 marzo 2012

Confindustria, occhio al Paese prima che all'associazione

Giovedì, 1 marzo 2012 - 15:00:00

Di Giovanni Esposito


Nel 1976 Gianni Agnelli, alla fine del primo biennio, nel lasciare la presidenza della Confindustria, non solo designò unilateralmente il suo successore Guido Carli, ma nel farlo, si permise il lusso di indicare quello che sarebbe stato il primo e unico presidente non imprenditore. Oggi, analizzando candidati, programmi e alleanze, ci si rende conto che la successione a Viale dell'Astronomia è diventata una cosa un po' più complicata.

Il primo, in ordine alfabetico, candidato dott. Alberto Bombassei, con una storia imprenditoriale di successo alle spalle, incarna tutte le migliori virtù italiche: da otto anni al governo del "Sistema" parla da opposizione. Egli sarà ricordato per saper raccogliere le adesioni di quelli che non votano (Sergio Marchionne e Alessandro Riello). Leggendo il suo programma, già dal titolo "Quattro anni d'impegno per Confindustria e per l'Italia" viene il dubbio che sia più interessato alla riforma della Associazione (cosa di scarso interesse per noi poveri mortali) che a quella dell'Italia. Dopo aver sfogliato le 12 pagine, fra presentazione e documento, oltre ad aver percepito disagio per una confederazione non gradita cosi come è fatta (peggio per lui!), si ha l'impressione, ma questo è un dubbio personale, che ci sia tanta voglia di resa dei conti. In merito al Bel Paese: qualche luogo comune, che in quanto tale non può che essere condivisibile, accenni nostalgici sul come eravamo giovani e belli, constatazione dell'attuale situazione, però … non si capisce dove vorrebbe che andassimo. L'unica cosa chiara sul da farsi, perché madre di tutti mali dell'Italia, è l'abolizione dell'articolo 18. A tal proposito vorrei sgombrare il campo da ogni dubbio: così come è stato concepito nel 1970 non va bene, di conseguenza andrebbe modificato.
Quando, però, Mister Brembo sostiene che tale norma sarebbe l'impedimento principale per tante aziende, soprattutto straniere, che vorrebbero investire in Italia, Io, evidentemente non in perfetta sincronia con auto e freni e, quindi, convinto che fossero alta imposizione fiscale, incertezza normativa, carenza infrastrutturale, malavita organizzata, corruzione e clientele a rendere poco attraente l'investire nella penisola italica, rimango basito. Modestamente ritengo che lo sviluppo non possa essere aiutato rendendo più facile il licenziamento, bensì creando, sane, condizioni affinché si possa investire ed assumere di più.

 Dalle "idee" del dott. Giorgio Squinzi, alla guida di uno dei pochi gruppi che ha saputo divenire globale senza delocalizzare la produzione nazionale, sembrerebbe, per fortuna, che i problemi dell'Italia vengano prima di quelle della Confindustria (anche'essa, probabilmente, da aggiornare). I sei punti enunciati sono tutti auspicabili (semplificazione normativo-burocratica per snellire gli investimenti, politica fiscale non oppressiva in linea con l'Europa, politica energetica per ridurre il divario con l'Unione europea, più credito alle Pmi, tempi più rapidi nei pagamenti dal parte della P.a e più investimenti in infrastrutture anche immateriali come scuola e formazione), ed in particolare il primo, come avevamo rappresentato (http://affaritaliani.libero.it/economia/monti-vogliamo-semplificazioni151211.html) in tempi non sospetti al Presidente Monti, è una priorità. Fra l'altro, essendo a costo zero per le nostre finanze, è l'unica cosa che ci possiamo e dobbiamo sicuramente permettere.

 A mio modesto avviso, in un momento critico e difficile come questo, per evitare che il clima e la pace sociale vengano minate, l'Italia ha bisogno di persone votate al dialogo, che lavorino affinché si trovino soluzioni innovative, ma, per quanto possibile, condivise. Quello che leggo e sento mi inducano a ritenere che il dott. Alberto Bombassei non sia la persona giusta.
http://affaritaliani.libero.it/economia/confindustria_bombassei_squinzi01032012.html

Nessun commento:

Posta un commento