mercoledì 5 ottobre 2011

La montagna di Confindustria ha partorito il topolino

Mercoledì, 5 ottobre 2011 - 12:07:46
"Parturient montes, nascetur ridiculus mus" è la locuzione che Orazio, se vivo ai giorni nostri, avrebbe usato per commentare il manifesto della Confindustria.

Nei giorni scorsi, quando le organizzazioni imprenditoriali e le banche hanno annunciato il lancio del progetto per il nostro paese, la mia mente immaginava un business plan per l'Azienda Italia: un piano articolato che prevedesse obiettivi da realizzare, tempistica per l'attuazione, risorse da utilizzare, ma soprattutto numeri e fatti precisi.

Leggendo il documento, ne emerge la solita, generica e petulante manfrina, composta dagli stessi luoghi comuni che ci vengono propinati da decenni, senza mai specificare come, quando e perché. Secondo consuetudine, nel timore di far indispettire qualche categoria specifica, si è scelto il basso profilo dei massimi sistemi. Insomma sembra un manifesto elettorale, con l'aggravante che la stesura di alcuni punti, lancia sconcertanti dubbi sulla reale conoscenza della finanza pubblica.

1) Eliminare le pensioni di anzianità, equiparare l'età di uomini e donne nel settore privato. Parlare di età di pensionamento, senza commisurarla all'importo dell'assegno erogato non significa granché. Consideriamo, ad esempio, una lavoratrice dipendente che, avendo iniziato a lavorare a 25 anni, dopo una vita contributiva regolare, percepisce, a 60 anni, uno stipendio di circa 2.500 euro al mese: secondo voi è più sostenibile, per il sistema, che lei vada in pensione subito con un assegno di 1.500 euro al mese oppure fra due anni con 2.300 euro?

2) Taglio Irap coperto da una patrimoniale. È bene ricordare, per chi non lo sapesse, che l'Irap è un tributo regionale, il cui gettito viene utilizzato per finanziare la spesa sanitaria. Poiché i bilanci regionali evidenziano che tale imposta sia già oggi insufficiente ad adempiere alla missione prevista, ne devo desumere che si sia immaginato di compensare il gettito di un tributo regionale con una patrimoniale nazionale. E come? E se anche fosse possibile, è stato considerato che la due basi imponibili hanno una diversissima ripartizione territoriale? Inoltre solo una patrimoniale, una tantum e varata senza preavviso, assicura gettito certo. Un imposta sul patrimonio ordinaria no, perché eccetto gli immobili, che, come ovvio, non puoi spostarli da nessuna parte, la ricorrenza impositiva modificherebbe i comportamenti dei potenziali contribuenti al fine di eludere il tributo. Infine ridurre la lotta all'evasione fiscale, sulla quale c'è consenso unanime (almeno pubblicamente), alla sola questione delle soglie di utilizzo del contante, pare ridicolo.

3) Quando sento parlare di dismissioni di Stato un brivido mi pervade la schiena: richiamo alla mia memoria i casi Nuovo Pignone, Telecom, Autostrade, Alfa Romeo, Italgel, Cirio-Bertolli-De Rica. Poiché dismissione in Italianpolitichese, significa privatizzare i profitti e nazionalizzare le perdite, andrà a finire che gli immobili di pregio saranno svenduti per quattro soldi (possibilmente agli amici degli amici), mentre ci rimarranno sul groppone da mantenere le case sgarrupate.

4) Liberalizzazione è uno degli slogan più belli ed usati nell'epoca moderna, peccato che senza un arricchimento di contenuti, non significhi nulla.  Né tantomeno esiste uno standard universale che vada bene per tutte le situazioni. Cosa si sostiene, ad esempio, pronunciando il dogma di "aprire le professioni": soppressione degli albi? … degli esami di stato? … delle tariffe? In attesa di ricevere chiarimenti, è bene ricordare che le criticità del lavoro autonomo sono totalmente differenti fra le diverse categorie: infatti l'accesso alla professione di farmacista è libero, ma non lo è l'apertura di una farmacia; per i medici, gli architetti e gli ingegneri l'abilitazione è propedeutica e praticamente automatica alla laurea; per i notai esiste la pratica e l'esame di stato ma i posti banditi sono contingentati, cosa che non accade, ad esempio, per gli avvocati; i commercialisti, a differenza di tanti altri, praticamente non hanno attività esclusive. Sulle tariffe professionali, l'Italia dimostra ancora una volta di amare le discussioni sull'aria fritta: invero, vuoi per il caso di strapagati studi altisonanti, vuoi per i professionisti marginali (volgarmente chiamati poveri morti di fame), passando per la consuetudine di concordare un forfait, in casi del tutto residuali si applica il tariffario.

5) Sostenere di reperire i fondi per le infrastrutture tagliano la spesa corrente (ergo gli sprechi), equivale, calcisticamente parlando, ad asserire che per vincere la partita dobbiamo giocare meglio. Cosa si vorrebbe tagliare, non è dato saperlo.
http://affaritaliani.libero.it/economia/confindustria05102011.html

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